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LA RIMESSA DELLE BARCHE


“Un nascondiglio perfetto! Da qui possiamo vedere restando invisibili. Sarà il nostro posto segreto, per sempre.”

Eravamo ragazzini.

Non potevamo certo immaginare che il destino ci avrebbe scaraventato così lontani e che ti avrei ritrovato un giorno, dopo tanto tempo, solo per un ultimo saluto.

Tua madre mi ha guardato strano quando, di ritorno dal cimitero, le ho chiesto della vecchia rimessa di barche, e il modo per entrare.

Ci ha impiegato un po’ a ritrovare le chiavi, rimarcando -stupita e stizzita- che dopo la morte del nonno nessuno vi aveva più messo piede; sul suo volto, scavato dagli anni e dal dolore, traspariva tutta l’irritazione per una richiesta tanto inopportuna, e una punta di amarezza per una vaga intuizione, ancora interrogativa, sulla natura del nostro legame con quel luogo.

“E’ qui”, avrei voluto dirle. “E’ qui, tra queste chiglie, carene, ghirlande e serrette, che noi due siamo diventati amici per la pelle; qui, nel buio di questi scafi in perenne attesa di una improbabile riparazione, abbiamo insieme inventato mille storie di marinai e sirene; qui, timidamente appostati dietro la finestrella inondata di luce, abbiamo spiato curiosi i movimenti di strada, abbiamo sbirciato maliziosi i seni delle donne affacciate ai balconi e rubato morbosi, tra le altrui persiane, scene quotidiane di vita familiare.

E’ proprio qui che, passato qualche anno, le risate si sono trasformate in carezze e le parole in baci. Qui, sui legni duri e schietti di queste barche, ci siamo presi, scoperti e amati.

Infine qui, in questo punto preciso, ci siamo lasciati”.

E solamente qui io posso salutare te, provando a immaginare un momento, per gioco, quanto sarebbe stato diverso il destino se fossimo rimasti, mano nella mano, a guardare

insieme la vita scorrere da questa finestrella.


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